Nel commercio si vuole liberalizzare orari e aperture festive e domenicali
La manovra di ferragosto del Governo Berlusconi è socialmente iniqua, colpisce lavoratori e pensionati, taglia lo stato sociale, non prevede nulla rispetto all'enorme evasione fiscale ed ignora la diffusa richiesta di introduzione di una patrimoniale sulle grandi ricchezze. La Filcams Cgil di Parma chiede che il testo della manovra venga profondamente cambiato, mettendo in campo tutte le iniziative utili ad ottenere questo obiettivo, compreso lo sciopero generale proclamato per il 6 settembre.
Tra gli effetti poco valutati di quel testo c'è la previsione della totale liberalizzazione degli orari di apertura nel commercio, vantata dal Ministro Brambilla.
Già il precedente Decreto del 6 luglio 2011 aveva ambiguamente previsto che nelle Città d'arte fossero tolti tutti i vincoli in materia di orari del Commercio. Molti si erano chiesti quale senso vi fosse nel ribadire norme già esistenti, peraltro in ambito normativo di competenza Regionale/Comunale.
Il 13 agosto tutto è diventato più chiaro. Con un tratto di penna si è cancellato il riferimento alle Città d'Arte, estendendo così a tutto il commercio la totale libertà data agli esercenti di determinare gli orari di apertura; Roma e Firenze come gli Ipermercati della periferia. È evidente che tale percorso è stato dettato dalla Grande Distribuzione Privata, Federdistribuzione, associata a Confcommercio.
In sostanza, se il decreto fosse approvato, avremmo:
- nessun limite alle aperture domenicali;
- nessun limite alle aperture festive;
- nessun limite all'orario massimo di apertura, che oggi è di 13 ore, e nessun limite quindi agli orari notturni.
La liberalizzazione degli orari commerciali avrà effetti depressivi sull'occupazione, il piccolo e medio commercio subiranno un nuovo duro colpo, rischiando di veder ridotta la propria presenza per lo più nei centri storici delle città, peggiorando la vivibilità degli stessi con una ulteriore perdita di posti di lavoro; recuperati solo in minima parte dalle grandi imprese del settore che potranno permettersi l'estensione degli orari utilizzando lavoro precario in prevalenza femminile.
Il consumo non si incrementa aumentando le aperture nel commercio, ma sostenendo la quota di reddito disponibile nelle tasche degli Italiani.
A ciò si aggiunge la vergognosa abolizione, in questo caso per tutti i lavoratori, delle festività civili del 25 aprile, 1° maggio e 2 giugno.
La liberalizzazione degli orari si intreccia poi col Contratto separato del Commercio, recentemente siglato dalle sole Cisl e Uil di categoria assieme a Confcommercio e Confesercenti. Contratto separato che prevede l'obbligatorietà del lavoro festivo nel commercio privato, in precedenza facoltativo. Peggioreranno nettamente le condizioni materiali di lavoro di centinaia di migliaia di lavoratrici, già oggi impegnate con orari impossibili e bassi salari.
Il modello di consumo che un Paese adotta indica quale modello di sviluppo deve darsi. Guardando alle generazioni future il sindacato è per un modello sostenibile. Per le lavoratrici ed i lavoratori del commercio inizia una fase di grande mobilitazione e di lotta, per ottenere profonde modifiche ad una Finanziaria iniqua e sbagliata.