La contrarietà di CGIL, CISL, UIL, RSU e sindacati di categoria della multiutility alla svendita delle azioni da parte del Comune di Parma
Si è svolta
stamattina la conferenza stampa convocata da CGIL, CISL e UIL di Parma unitamente
alla RSU ed ai sindacati di categoria di IREN, per ribadire e dettagliare i
forti motivi di contrarietà alla vendita delle
azioni della multiutility da parte del Comune.
Dopo il doveroso
commento degli ultimi sviluppi della vicenda “public money”, che vede agli
arresti, tra gli altri, il vice presidente di IREN Luigi Giuseppe Villani, e
Angelo Buzzi, presidente del Cda di IREN Emilia Spa, dei quali si sono chieste
le doverose dimissioni, i rappresentanti sindacali hanno confermato il dissenso
verso la scelta dell’amministrazione Pizzarotti. La consapevolezza della
gravissima situazione debitoria in cui versa il Comune, si è spiegato, non può
costituire un eterno alibi per non discutere con le parti in causa delle
strategie da adottare e per non provare a cercare soluzioni condivise su
questioni che toccano direttamente le persone.
Tra le persone
toccate da questa scelta vi sono peraltro i lavoratori della ex
municipalizzata, che non ci stanno alla sua svendita e che hanno deciso di
attuare, venerdì prossimo, in
concomitanza con il Consiglio comunale, un presidio sotto i Portici del Grano. Anche per loro, infatti,
l’operazione di cessione di 52 milioni di azioni IREN (per un ammontare di 26
milioni di euro) alle banche, a garanzia dei prestiti in essere e di quelli
futuri, dimostra una strategia di cortissimo
respiro.
Innanzi tutto,
perché svendere oggi i gioielli di famiglia (non si dimentichi il ruolo storico
svolto da cent’anni a questa parte dall’azienda di servizi per lo sviluppo del
territorio) significa ritrovarsi domani senza dividendi (6 milioni di euro in
media) con cui realizzare investimenti e riorganizzazioni. Ma non solo. Il
Comune deve restare in IREN per salvaguardare la sua fondamentale e strategica
funzione pubblica, senza la quale la società perderebbe centralità anche in
termini di rapporti con gli altri territori su scala regionale e di capacità
decisionale sul destino futuro dell’azienda. Contrariamente a quanto si è detto
anche di recente, infatti, oggi il controllo pubblico di IREN è del 61%, cosa
che incide sul sistema di governance e sul piano degli investimenti.
Certo, i margini di
azione a questo punto sono davvero pochi, la situazione difficilmente prenderà
una piega diversa da quella annunciata. Ciò nonostante sindacati e lavoratori
chiedono che la Giunta ritorni sui suoi passi, abbandonando la scelta di cedere
all’esterno tutti i suoi beni, che, come le azioni di IREN, sono beni comuni.
Proseguire sul solco delle Giunte Ubaldi e Vignali è poco lungimirante oltre
che irrispettoso, perché le azioni IREN sono patrimonio dei cittadini e non
sarebbe corretto non ascoltare cosa ne pensano. E ancora più sbagliato sarebbe
contraddire l’espressione popolare rispetto alla gestione del ciclo idrico: con
la decisione di questi giorni, infatti, l’Amministrazione di Parma contravviene
più o meno direttamente alla scelta referendaria sull’acqua come bene comune,
in un momento in cui altri territori in regione stanno ripubblicizzando la
gestione idrica.
In tutto ciò si
insinua un timore solo apparentemente peregrino: in tutta Europa banche e fondi
sovrani stanno investendo nei beni comuni, accaparrandosi risorse strategiche per
il prossimo futuro. Su questa strada corriamo il rischio che Parma diventi
terreno di rischiose sperimentazioni.