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IREN resti pubblica

16 Gennaio 2013
La contrarietà di CGIL, CISL, UIL, RSU e sindacati di categoria della multiutility alla svendita delle azioni da parte del Comune di Parma

Si è svolta stamattina la conferenza stampa convocata da CGIL, CISL e UIL di Parma unitamente alla RSU ed ai sindacati di categoria di IREN, per ribadire e dettagliare i forti motivi di contrarietà alla vendita delle azioni della multiutility da parte del Comune.

 

Dopo il doveroso commento degli ultimi sviluppi della vicenda “public money”, che vede agli arresti, tra gli altri, il vice presidente di IREN Luigi Giuseppe Villani, e Angelo Buzzi, presidente del Cda di IREN Emilia Spa, dei quali si sono chieste le doverose dimissioni, i rappresentanti sindacali hanno confermato il dissenso verso la scelta dell’amministrazione Pizzarotti. La consapevolezza della gravissima situazione debitoria in cui versa il Comune, si è spiegato, non può costituire un eterno alibi per non discutere con le parti in causa delle strategie da adottare e per non provare a cercare soluzioni condivise su questioni che toccano direttamente le persone.

 

Tra le persone toccate da questa scelta vi sono peraltro i lavoratori della ex municipalizzata, che non ci stanno alla sua svendita e che hanno deciso di attuare, venerdì prossimo, in concomitanza con il Consiglio comunale, un presidio sotto i Portici del Grano. Anche per loro, infatti, l’operazione di cessione di 52 milioni di azioni IREN (per un ammontare di 26 milioni di euro) alle banche, a garanzia dei prestiti in essere e di quelli futuri, dimostra una strategia di cortissimo respiro.

 

Innanzi tutto, perché svendere oggi i gioielli di famiglia (non si dimentichi il ruolo storico svolto da cent’anni a questa parte dall’azienda di servizi per lo sviluppo del territorio) significa ritrovarsi domani senza dividendi (6 milioni di euro in media) con cui realizzare investimenti e riorganizzazioni. Ma non solo. Il Comune deve restare in IREN per salvaguardare la sua fondamentale e strategica funzione pubblica, senza la quale la società perderebbe centralità anche in termini di rapporti con gli altri territori su scala regionale e di capacità decisionale sul destino futuro dell’azienda. Contrariamente a quanto si è detto anche di recente, infatti, oggi il controllo pubblico di IREN è del 61%, cosa che incide sul sistema di governance e sul piano degli investimenti.

 

Certo, i margini di azione a questo punto sono davvero pochi, la situazione difficilmente prenderà una piega diversa da quella annunciata. Ciò nonostante sindacati e lavoratori chiedono che la Giunta ritorni sui suoi passi, abbandonando la scelta di cedere all’esterno tutti i suoi beni, che, come le azioni di IREN, sono beni comuni. Proseguire sul solco delle Giunte Ubaldi e Vignali è poco lungimirante oltre che irrispettoso, perché le azioni IREN sono patrimonio dei cittadini e non sarebbe corretto non ascoltare cosa ne pensano. E ancora più sbagliato sarebbe contraddire l’espressione popolare rispetto alla gestione del ciclo idrico: con la decisione di questi giorni, infatti, l’Amministrazione di Parma contravviene più o meno direttamente alla scelta referendaria sull’acqua come bene comune, in un momento in cui altri territori in regione stanno ripubblicizzando la gestione idrica.

 

In tutto ciò si insinua un timore solo apparentemente peregrino: in tutta Europa banche e fondi sovrani stanno investendo nei beni comuni, accaparrandosi risorse strategiche per il prossimo futuro. Su questa strada corriamo il rischio che Parma diventi terreno di rischiose sperimentazioni.

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