Si riaccendono i riflettori sulla vertenza dell'ex Data Systems
Il Coordinamento Rsu Tas e le segreterie Fiom Cgil di Bologna, Parma e Roma tornano a richiamare l’attenzione sulla vertenza Tas (ex data Systems). Dopo due anni di contratto di solidarietà, ad ottobre 2011 la direzione di Tas Spa, al tavolo istituzionale con Regione Emilia-Romagna e Province di Parma e Bologna, rassicurava che nessun esubero era all’ordine del giorno. Poi la ristrutturazione della sede di Parma, conclusasi solo 3 mesi fa con il trasferimento di parte dei dipendenti sulle sedi di Milano e Bologna (di 90 dipendenti solo 32 sono rimasti a Parma e non si sa fino a quando) e pochi giorni fa l’apertura di una procedura di mobilità su tutte le sedi per 70 dipendenti.
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“L’unico vero obiettivo aziendale emerso con chiarezza durante l’incontro del 23 aprile presso Unindustria a Roma – spiega Davide Fellini, segretario Fiom Cgil provinciale -, è quello di liberarsi di decine di lavoratori individuati dall’azienda stessa in modo arbitrario e discriminatorio, procedendo con il loro licenziamento o sospendendoli dal lavoro, senza rotazione e magari pure con il consenso delle organizzazioni sindacali”.
“È grande la preoccupazione per la grave situazione finanziaria, ma lo è altrettanto per l'atteggiamento con cui l'azienda la affronta e per le scelte che fino ad ora sono state fatte, a partire dal recente trasferimento dei lavoratori della sede di Parma, oggi ancora più incomprensibile, e per i quali va garantito quanto previsto dagli accordi sottoscritti”.
I dipendenti TAS hanno condiviso quanto più volte sostenuto dalla delegazione sindacale, anche ai tavoli istituzionali, circa la necessità di un piano industriale credibile, che metta al centro l'obiettivo di aumentare i ricavi e quindi la capacità dell'azienda di sviluppare nuovi progetti e di acquisire nuovi clienti. La ricetta non può essere sempre e soltanto l'abbattimento dei costi: la scelta di ridurre il personale è sbagliata, non esistono “esuberi strutturali”, occorre utilizzare ammortizzatori sociali che consentano di mantenere i posti di lavoro e le professionalità. In particolare, una gestione flessibile del contratto di solidarietà consentirebbe all’azienda di far fronte all’andamento altalenante dell’attività lavorativa, mantenendo organici e competenze e gravando meno che con altri ammortizzatori sul salario dei lavoratori che continuano, nei fatti, ad essere quelli che più pagano la crisi.
“Occorre pertanto – conclude Fellini - una disponibilità vera dell’azienda a confrontarsi, senza pregiudiziali inaccettabili, al fine di giungere a soluzioni condivise, senza che il contratto di solidarietà, come qualsiasi altro ammortizzatore sociale possa diventare uno strumento di discriminazione dei lavoratori in mano all’azienda”.