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Suicidio nel carcere di Parma, un'altra morte annunciata

25 Agosto 2010
La denuncia della Funzione Pubblica Cgil di Parma: "Il vero problema è la carenza cronica di personale"

Questa volta non è stato possibile evitare il peggio. Dopo ben 8 tentativi di suicidio evitati dalla Polizia Penitenziaria in Emilia Romagna, dopo 3 tentativi di suicidio evitati solo in questa estate, questa volta il dramma non si è potuto evitare e si è compiuto: un giovane detenuto si è suicidato nel carcere di Parma.

 

I dati sui suicidi nelle carceri rappresentano un bollettino di guerra e denunciano una situazione gravissima, situazione che si aggrava nel periodo estivo anche a causa della calura.

 

Il carcere di Parma ha una capienza di 418 posti e ospita 539 detenuti. “Già da tempo – spiega Luisa Diana, segretaria della FP Cgil di Parma – denunciamo come sindacato di categoria la grave situazione di sovraffollamento; altrettanto grave è la carenza degli organici sia di Polizia Penitenziaria, ma anche di educatori, assistenti sociali, contabili, e di tutte le altre professionalità presenti in carcere”.

 

“È appunto questa carenza di personale – precisa Luisa Diana - la causa primaria delle difficoltà nelle relazioni umane all'interno del carcere. In questo stato di emergenza, proprio di tutte le carceri italiane, tra le quali Parma non è certo il caso peggiore, il Governo è assente e propina solo vaghe promesse di assunzione di ulteriori duemila unità senza alcuna copertura finanziaria, senza preoccuparsi dello stato di abbandono dei detenuti, senza adeguate iniziative interne ed esterne che favoriscano il loro recupero. Servirebbe un aumento consistente delle risorse economiche, un aumento di educatori, amministrativi, assistenti sociali e di poliziotti penitenziari per rendere il carcere equilibrato e funzionale, oltre che coerente ai principi costituzionali”.

 

“La stessa Polizia Penitenziaria – aggiunge la segretaria FP Cgil - soffre fortemente di questa condizione. Ed è proprio alla Polizia Penitenziaria che viene poi richiesto di far fronte alle esigenze e di adibirsi a compiti che non le sono propri, quali quelli di educatori, assistenti sociali, uscieri e contabili, facendo tutto quello che non riguarda l'essere poliziotti, con senso del dovere e di grande responsabilità. Tutto questo sulla pelle di chi in carcere ci lavora, in solitudine, per 8 ore nelle sezioni detentive, e di chi in carcere è detenuto senza le garanzie previste dai principi costituzionali”.

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