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Sanità in Emilia-Romagna: quali le insicurezze, quali i giudizi dei cittadini. Presentata al Maggiore la ricerca promossa da Federconsumatori insieme a SPI, CGIL e AUSER con IRES Emilia Romagna

4 Dicembre 2017
Quale percezione hanno i cittadini emiliano-romagnoli del sistema sanitario pubblico? Quale percezione dei bisogni assistenziali futuri e della spesa sanitaria familiare a proprio carico?

Si è svolta stamattina nell'Aula Aula G dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, la presentazione della ricerca "Sanità bene comune: tu che ne pensi?", realizzata da FederconsumatoriSPICGIL e AUSER con IRES Emilia Romagna sulla percezione della sanità nella nostra regione.

L’indagine, presentata da Davide Dazzi, ricercatore di IRES Emilia Romagna, cui sono seguiti i contributi di Fabrizio Ghidini, presidente Federconsumatori Parma, Paolo Bertoletti, segretario generale SPI CGIL Parma, Arnaldo Ziveri, presidente AUSER Parma, Massimo Bussandri, segretario generale CGIL Parma, Massimo Fabi, direttore generale Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, e Elena Saccenti, direttore generale Azienda USL di Parma, è nata dalla volontà di interrogare il maggior numero di cittadini emiliano-romagnoli sul tema caldo della sanità.

La ricerca ha raggiunto 2.500 rispondenti e ha permesso loro di esprimersi riguardo l’evoluzione della propria spesa sanitaria familiare, indagandone natura e gravosità, e di valutare il sistema sanitario pubblico, manifestando il proprio indice di gradimento per una serie di dimensioni del SSN (politiche sanitarie, rete di servizi, liste di attesa, livello tecnologico della diagnostica).

In aumento le spese sanitarie familiari e si configurano aree di “sanità negata”. Secondo il 50,3% del campione, le spese sanitarie familiari sono aumentate nell’ultimo anno, aumento che si registra in misura maggiore al crescere dell’età e per chi gode di condizioni di salute non buone, sottolineando come ad una richiesta di maggiore assistenzialismo si sia accompagnata una crescita della spesa sanitaria. A ridurre la spesa sanitaria è stato, invece, il 9,8% del campione, di cui il 74% per motivi economici. La rinuncia interessa in modo particolare soggetti afferenti alla fascia reddituale inferiore ai 1.000 euro, colpendo pensionati ma anche lavoratori “poveri”. Il fenomeno del razionamento della spesa sanitaria per motivi economici, che registra percentuali più elevate per la quota femminile, viene indirizzato soprattutto verso visite specialistiche e prestazioni odontoiatriche e si configura come rinuncia definitiva nel 52,2% dei casi. L’analisi restituisce una percentuale di cittadini interessati dal fenomeno della “sanità negata” prossima al 3,7%; dato nettamente al di sotto della percentuale stimata dal rapporto Censis-RBM Assicurazione Salute per l’Emilia-Romagna, dove si registrava una quota pari a circa il 17% della popolazione residente. 

Ricorso a prestazioni sanitarie interamente a carico. Il driver dell’aumento della spesa sanitaria totale risulta essere l’aumento della spesa sanitaria interamente a carico dei cittadini, il 77% di coloro che segnalavano già un aumento della spesa sanitaria totale, infatti, segnala anche un aumento della spesa sanitaria interamente a carico. L’aumento si giustifica per una maggiore attrattività del mondo privato dovuta all’abbattimento dei tempi di attesa e alla possibilità di scelta del medico.

La faccia diseguale dei fondi sanitari contrattuali. La copertura della spesa sanitaria privata risulta di natura “out of pocket” nell’82,5% dei casi, al crescere del reddito aumenta la quota di spesa intermediata da fondi sanitari contrattuali evidenziando come una maggiore copertura dei bisogni sanitari venga garantita proprio a fasce di reddito già forti, mentre le fasce reddituali più deboli vengono lasciate scoperte. Meccanismo che agisce in senso contrario a un’ottica redistributiva e alimenta le diseguaglianze.

Prospettive di profonda incertezza sulla capacità di far fronte alla spesa sanitaria futura. In prospettiva futura dilaga l’incertezza riguardo la possibilità di far fronte ai bisogni di salute per il 44% degli intervistati, per gli under 35 domina il profilo dei “positivi pessimisti”, i giovanissimi non credono, cioè, di poter far fronte alle spese sanitarie future seppur godano di uno stato di salute buono.

Grande insoddisfazione per le liste di attesa e le politiche sanitarie a livello nazionale. In sede di valutazione del sistema sanitario, performance migliore ha registrato il livello tecnologico della diagnostica, raccogliendo un punteggio del 6,2 su 10, seguito dal medico di base e dall’accoglienza del personale. Il peggior risultato è invece associato alle liste di attesa e alle politiche sanitarie a livello nazionale. Territori diversi manifestano indici di soddisfazione diversi, il più critico quello di Ferrara. La capacità di fronteggiare i bisogni assistenziali futuri influenza la valutazione del sistema sanitario pubblico, a visioni più pessimistiche si associano gradi di insoddisfazione più elevati. Rilanciare il tema dell’universalismo del diritto alla salute significa, quindi, ridurre il fenomeno della “salute diseguale” e ricostruire logiche di welfare inclusive soprattutto in periodi di crisi al fine di trasmettere maggiore sicurezza a tutti i cittadini.

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