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Parmalat: non vogliamo piangere sul latte versato

26 Marzo 2011
I sindacati di categoria Flai, Fai e Uila e la RSU dello stabilimento di Collecchio chiedono più attenzione e un piano industriale credibile

Quanto avvenuto in questi giorni, con il dirompente ingresso di Lactalis nell'azionariato di Parmalat, rischia di porre fine nei fatti a quella Public Company italiana costruita in questi anni con impegno, attenzione e quella grande coesione sociale che già aveva permesso l'uscita dal crac.

Una esperienza importante, che è diventata testimonianza della capacità di ripartire, ricostruire, rafforzare un modello basato sul lavoro, le produzioni, le lavorazioni di qualità.

Quanto avvenuto mette a nudo debolezze strutturali del nostro sistema paese e l'incapacità di cogliere opportunità di crescita e di sviluppo che lo stesso offre. Da un lato il decreto "antiscalate" rappresenta un timido tentativo di intervenire nella vicenda con la solita logica del “pronto soccorso” che ha caratterizzato l'azione di governo in questi anni, azione dagli esiti comunque tutt'altro che scontati; dall'altro un sistema industriale incapace di reazione e di progettualità di fronte alle opportunità che una azienda come Parmalat comunque può offrire.

Le organizzazioni sindacali di categoria sono molto preoccupate per questa carenza di progettualità e per gli scenari che potrebbero delinearsi nelle prossime settimane; tra l'altro il Ministero delle sviluppo economico, nonostante le richieste non ha ancora convocato i sindacati.

Per la nostra filiera casearia perdere una azienda come Parmalat potrebbe essere un colpo difficile da superare: rischiamo di dover prendere atto che un ulteriore pezzo del sistema economico italiano, risanato anche grazie al sacrificio dei lavoratori, cambi proprietà e bandiera ad un costo inferiore al “tesoretto” che ha nelle casse.

La difesa dell'agroalimentare italiano, della filiera, dell'occupazione, dei siti produttivi, dei lavoratori devono essere al centro dell'azione degli attori in campo e per fare questo è necessario un piano industriale che garantisca sviluppo e occupazione nel nostro paese tutelando donne e uomini che con il loro lavoro e la loro professionalità hanno risanato una grande azienda italiana.

Non possiamo permetterci che l'ottimo lavoro svolto in questi anni venga vanificato in poco tempo. Non possiamo permetterci di piangere sul latte versato.

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