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Parma, si recuperano posti di lavoro, ma diminuisce la qualità dei contratti e aumenta la precarietà

3 Febbraio 2011
Presentato il rapporto congiunturale sull’andamento del mercato del lavoro dipendente in provincia di Parma nel terzo trimestre 2010

È stato presentato oggi il rapporto congiunturale sull’andamento del mercato del lavoro dipendente in provincia di Parma nel terzo trimestre 2010. “Una ricerca che – spiega Fabrizio Ghidini, segretario confederale della Cgil di Parma – obbliga il sindacato ad alcune riflessioni”.

 

“Dei circa 3000 posti di lavoro persi dall’inizio della crisi, ne sono stati recuperati circa 1600. Un dato apparentemente positivo, anche se all’appello ne mancano ancora 1400. Tuttavia occorre notare che quest’ultimo rilevamento conferma che i settori in cui si sono creati i nuovi posti di lavoro sono prevalentemente quelli dei servizi, della logistica, e del commercio: settori in cui la qualità dell’occupazione, ovvero il livello delle tutele, individuali e collettive, e del reddito, è inferiore rispetto ai settori tradizionalmente trainanti nel nostro territorio. In particolare, sappiamo che il settore della logistica e del facchinaggio assorbe manodopera per lo più straniera e che anche nei comparti manifatturieri più forti, come la metalmeccanica, che grazie all’export mostrano segnali di ripresa, non si assume direttamente ma si ricorre con grande frequenza all’utilizzo di appalti, dove la bassa qualità dei contratti è sotto gli occhi di tutti”.

 

“Inoltre – prosegue Ghidini – i nuovi rapporti di lavoro che si instaurano nella stragrande maggioranza sono a tempo determinato; se a questo si aggiunge che anche nell’ambito del lavoro somministrato (ex interinale) la ripresa, pur evidente, fa il paio con contratti sempre più brevi, il quadro che purtroppo si convalida è quello di una espansione ormai oltre i livelli di guardia della precarietà e della mancanza di prospettive certe, soprattutto per le giovani generazioni”.

 

“L’azione della Cgil a questo proposito non potrà che focalizzarsi in un impegno sempre più serrato nel cercare di limitare, soprattutto attraverso la contrattazione, l’abuso del lavoro parasubordinato e deregolamentato. Anche sul fronte della formazione professionale, in sintonia con quanto affermato dall’assessore Amoretti, sarà necessario un impegno sempre più mirato nel cercare di avvicinare l’offerta formativa alle necessità delle aziende, in particolare di quelle che si impegneranno ad incentivare l’innovazione e gli investimenti; chiedendo tuttavia a queste ultime, laddove utilizzino risorse pubbliche per formare le proprie maestranze, precise garanzie in termini di inquadramenti corretti e di rispetto delle regole”.

 

L’allarme a suo tempo lanciato di uno spostamento dell’occupazione dal manifatturiero ai servizi sta dunque prendendo corpo: anche i segmenti che hanno avuto maggiore tenuta, come l’alimentare e il chimico-farmaceutico, non stanno creando nuova occupazione, anzi vi è una seppur lieve contrazione. L’edilizia conferma invece una forte crisi economica e occupazionale. Inoltre “non dobbiamo dimenticare – aggiunge Ghidini – che vi sono attualmente in provincia alcune centinaia di lavoratori che usufruiscono di CIGO, CIGS e ammortizzatori sociali in deroga e che, potenzialmente, sono a rischio mobilità o licenziamento. Senza contare tutto il variegato universo di rapporti parasubordinati, associazioni in partecipazione, partite IVA, voucher che il report non registra e su cui sindacalmente si fa molta fatica ad intervenire, in quanto non inquadrato giuridicamente nel lavoro dipendente”.

 

“Da un’analisi più complessiva – osserva Patrizia Maestri, segretaria generale della Cgil di Parma – sembra che si stia profilando, come avevamo temuto, un mutamento strutturale, in termini negativi, degli assetti produttivi e del mercato del lavoro del nostro territorio. Indipendentemente dal numero degli occupati, ciò che maggiormente preoccupa, in sostanza, è la dequalificazione dei contratti di lavoro dipendente. Dequalificazione che rischia di comportare, in proporzione con la contrazione dei redditi, una diminuzione non solo temporanea della capacità di spesa e di consumo dei nostri concittadini, con il pericolo di innescare un spirale rovinosa. Proprio di ieri è l’ultima rilevazione Istat sui redditi disponibili degli italiani, che hanno registrato un calo del 2,7%, con particolare riferimento al Nord-Ovest: segno evidente che nessuno è al riparo e che c’è ancora tanto lavoro da fare”.

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