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3 Febbraio 2015
Contro l’illegalità rilanciamo la proposta di legge sugli appalti presentata dalla CGIL

La maxi operazione dei giorni scorsi contro la 'Ndrangheta in regione conferma la gravità di un fenomeno, quello delle infiltrazioni della criminalità organizzata di origine mafiosa nell'economia legale, che purtroppo rappresenta una realtà consolidata nel nostro territorio.

Da troppi anni ormai la CGIL, anche a Parma, denuncia la progressiva espansione delle mafie in settori sempre più estesi del mondo del lavoro. Almeno dal 2011-12 diversi sono stati i comunicati, le iniziative pubbliche e gli interventi della Camera del Lavoro territoriale volti a segnalare pericolose infiltrazioni, ad esempio in edilizia, settore che più di due anni fa aveva “incendiato” le cronache con una serie di roghi e relativi sequestri di cantieri nella Bassa parmense. In quei giorni, la CGIL di Parma aveva ammonito dal considerare il settore delle costruzioni come l’unico esposto al fenomeno, essendo infatti comparti come i servizi, la logistica e i trasporti altrettanto soggetti alle irregolarità, allo sfruttamento del lavoro attraverso il caporalato, all’insediamento di finte cooperative di matrice illegale. Nemmeno un comparto di eccellenza della “Food valley” come quello delle conserve animali è risultato indenne da situazioni in cui catene di appalti e subappalti generano violazioni delle leggi e dei contratti di lavoro, evasioni contributive e retributive fino ad un vero e proprio sfruttamento del lavoro. Per non parlare di quanto accaduto nella pubblica Amministrazione, da “Green money” in avanti.

Più volte la CGIL ha chiesto che, oltre a reprimere e punire le situazioni di conclamata illegalità, si lavorasse in ottica di prevenzione attraverso sinergie di rete, con protocolli condivisi e azioni comuni in grado di convogliare associazioni imprenditoriali, organizzazioni sindacali, istituzioni, forze politiche, associazioni di cittadini verso una cultura della legalità diffusa, unico antidoto contro una cancrena che, se non rapidamente arginata, rischia di risultare devastante per il nostro tessuto sociale ed economico.

Ma la CGIL non si è limitata alla denuncia: una delle campagne più impegnative che il sindacato sta affrontando in queste settimane riguarda appunto la raccolta di firme a sostegno della proposta di legge di iniziativa popolare sulla filiera degli appalti: “Gli appalti sono il nostro lavoro, i diritti non sono in appalto”. Una proposta di legge frutto di un lungo lavoro dell’Ufficio Giuridico della CGIL, con il coinvolgimento delle categorie più direttamente interessate, che punta a dare garanzia dei trattamenti dei lavoratori/lavoratrici impiegati nelle filiere degli appalti pubblici e privati, contrastare le pratiche di concorrenza sleale tra imprese e tutelare l'occupazione nei cambi di appalto, mettendo fine alla pratica distorsiva del massimo ribasso.

In questi giorni diversi partiti e istituzioni, di ogni colore e orientamento, hanno commentato l’inchiesta sulle infiltrazioni malavitose in Emilia invocando quanto prima una legge che regolamenti il settore degli appalti, attualmente incentivo per la violazione delle leggi vigenti e il riciclaggio di denaro: perché non lavorare tutti insieme, come auspicato nella recente conferenza stampa di presentazione della raccolta firme, sulla proposta della CGIL e dare finalmente corpo ad un contrasto reale e legale alla penetrazione dei clan nel nostro tessuto economico e sociale?

Il 10 novembre 2012, in una nota della CGIL su “Valori etici e concretezza contro le mafie a Parma”, si leggeva: “Ci auguriamo che la consapevolezza sul fenomeno mafie a Parma possa finalmente essere considerata come un dato acquisito a prescindere dalle appartenenze e dai ruoli; il silenzio e la sottovalutazione, come abbiamo sempre ostinatamente sostenuto, non aiutano, e il confine con l’omertà è un confine incerto. Regioni con noi confinanti, che hanno voltato la testa dall’altra parte per tanto tempo, stanno avendo nell’ultimo periodo un triste risveglio. Noi dobbiamo reagire in tempo. Ora”.

Facciamo in modo che “ora” non sia troppo tardi.

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