La riflessione di Cgil Parma e Women Cgil Parma sull'ennesimo femminicidio avvenuto nella nostra provincia
Ancora una volta una donna ammazzata, ancora una volta in provincia di Parma. Una città che si indigna per il degrado, per le baby gang, per lo spaccio, per i bivacchi - tutto sacrosanto - deve interrogarsi allo stesso modo di fronte all’ennesima donna morta per mano di un uomo. L’Emilia Romagna, ed anche Parma purtroppo, occupano un posto in cima alla triste classifica per numero di femminicidi e di segnalazioni di reati legati alla violenza di genere, prodromo certificato alla estrema sua conseguenza. Ci stiamo avvicinando alla data del 25 novembre, Giornata Internazionale contro la violenza sulle Donne che ci pare oggi, di fronte al continuo conteggio di donne che perdono la vita per mano di uomini, debba essere vissuta nel suo significato più pieno e non circoscritta alla ricorrenza. Lo scatto, la scintilla che può determinare una strada, difficile certo ma fattibile per il cambiamento, è che uomini, compagni, amici, fratelli, padri, mariti e colleghi siano davvero con noi non solo il 25 novembre, che già sarebbe una svolta, ma ogni giorno. Ogni giorno per far crescere quel cambiamento epocale degno dell’essere veramente persone che parte dalla consapevolezza di quanto la cultura della differenza di genere, del maschilismo e del possesso permeino la nostra vita sociale e personale. Quanto fastidio ha dato il papà di Giulia Cecchettin quando ci ha parlato della consapevolezza, da lui acquisita con dolore, di quanto sia subdola e radicata questa cultura in ognuno? E quante accuse si è sentito rivolgere proprio per aver toccato un profondo di noi che non vogliamo affrontare. Riflettiamo sulla banalità delle cause scatenanti della violenza, sul male di vivere degli uomini che sta alla base dei femminicidi. Quando una donna ti vuole lasciare o ti lascia, quando dice basta al tuo controllo, quando si ammala e tu devi assisterla esattamente come lei farebbe con te, quando diventa un inciampo per la tua nuova vita con un’altra, quando la pensi tua, alla pari della tua automobile, quando, semplicemente, per te non esiste come persona. Non si tratta di raptus, di follia momentanea, di gelosia accecante ma si tratta della inestirpabile idea che le donne contino meno, valgano meno, che esistano solo in funzione degli uomini che le posseggono, in ogni accezione che questo significa. Ogni età, ogni fascia sociale ne è colpita, al Sud come al Nord, straniere ed italiane: la trasversalità sociale dei femminicidi ci rivela quanto tutto questo sia radicato dentro di noi, nella cultura nella quale siamo cresciuti che diventa strumento di dolore e morte anzichè di identità. Cultura che sta dentro di noi e che vediamo replicata nei provvedimenti del Governo che anzichè lavorare per arginare il fenomeno, mette in discussione leggi di tutela delle donne, il loro diritto di scegliere, che apre le porte dei pochi, ormai, Consultori sui territori non a medic*, psicolog* ed ostetriche ma ad associazioni che colpevolizzano le donne che scelgono di non avere una gravidanza. Un governo che immagina bonus a misura di donne sposate regolarmente e non considera le donne sole, che ha istituito un Ministero della famiglia, un Governo che non finanzia i fondi destinati per legge alle donne vittime di violenza che sono costrette, spesso con i loro figli, anche’essi vittime, a nascondersi per poter vivere. Pensate un po’ che Paese siamo: si devono nascondere le vittime mentre i carnefici rimangono alla loro vita ed al loro posto, non devono lasciare il lavoro, la scuola gli amici e spesso e volentieri l’unica difesa è un braccialetto elettronico difettoso.