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Massimo Bussandri: "Elezioni senza lavoro"

4 Luglio 2017
Il commento "a freddo" sul Pizzarotti-bis del segretario generale CGIL Parma

"Intervengo a distanza di oltre una settimana dalla fine della contesa elettorale per la carica di Sindaco, quando le riflessioni sono ormai sedimentate, per segnalare che ancora una volta nel dibattito politico-amministrativo di questa città c’è un grande assente: il lavoro.

Un tema che insieme a Cisl e Uil abbiamo provato, invano, a far entrare nella campagna elettorale e che anche nel “dopo-voto” continua a latitare, sia negli impegni dei vincitori che nelle analisi dei vinti.

Il partito dell’astensione è ormai maggioranza assoluta a Parma come in molte città, i sindaci sono quasi tutti eletti da una minoranza dei rispettivi cittadini, e questa crisi di partecipazione affonda certamente le sue radici in una più complessiva crisi dei circuiti democratici (quando un Governo impedisce ai cittadini di esprimersi su referendum che riguardano il lavoro come si può sperare che poi vadano in massa a votare per eleggere i loro amministratori?). Ma nel fenomeno dell’astensionismo c’è a mio avviso una ragione in più, e questa ragione è la totale esclusione da ogni forma di narrazione pubblica delle fasce più deboli e più insicure della popolazione: i disoccupati, gli scoraggiati, i lavoratori poveri, i lavoratori non esattamente poveri ma che hanno comunque perso ogni certezza di poter dare un futuro migliore ai propri figli.

In questa città c’è ancora quasi il triplo di disoccupati di quelli che popolavano i suoi quartieri prima del 2007, e ci sono 11.000 persone che hanno varcato la soglia della povertà relativa (quasi tutti lavoratori e pensionati, molte donne e molti giovani che, privati di opportunità e di diritti, si sono impoveriti nell’ultimo decennio).

Nessuno ne parla, nessuno ne ha parlato, e da molti di questi, affezionati alle nostre sedi, ci siamo sentiti dire che non sarebbero andati a votare per nessuno… “tanto non cambia niente”.

Credo che Pizzarotti debba per prima cosa occuparsi di questi cittadini (magari attivando da subito quel tavolo permanente per il lavoro che abbiamo chiesto a tutti i candidati), perché una città che non riparte da chi si sente escluso è una città “per pochi” priva di un vero respiro progettuale.

Ma credo che anche chi ha perso debba meglio sintonizzare, e di parecchio, le proprie analisi.

A Parma ci sono due sinistre: una moderata e molto concentrata sui diritti civili, poco sui diritti sociali e dei lavoratori (ritenuti affare del mercato, o tutt’al più affare di un libero confronto fra le parti sociali dalle quali si proclama rigorosamente equidistante); l’altra radicale /antagonista, legata a una concezione ideologizzata di lavoro e capace di attrarre solo quote minimali e marginali di mondo del lavoro.

Entrambe si rendano conto che ciò che manca a Parma (come in gran parte del Paese), e che nessuna delle due è in grado di incarnare, è una “concreta sinistra del lavoro”, capace di parlare ai lavoratori in carne e ossa, quelli che non pensano né a “imborghesirsi” né a fare la rivoluzione, ma che reclamano più diritti, lavori più stabili e sicuri e retribuzioni più adeguate, di poter andare in pensione a un’età accettabile, di potersi curare in strutture pubbliche senza indebitarsi e che i propri figli possano studiare e far valere il proprio titolo al pari dei figli dei notabili.

Sono lavoratori che non vogliono “tutto”, ma che non si accontentano più del “male minore”, né di essere gli unici a cui periodicamente vengono chiesti sacrifici: sono la stragrande maggioranza del mondo del lavoro dipendente e molti di loro, per scelta, hanno smesso di andare a votare.

Tornare ad includerli nel dibattito cittadino è la prima cosa che chi si è messo al servizio della città, sia dagli scranni della maggioranza che da quelli dell’opposizione, dovrebbe fare. Noi insisteremo in quella direzione".

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