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Lo Statuto dei Lavoratori compie quarant'anni

20 Maggio 2010
Un intervento di Fabio Garavina, segretario confederale Cgil Parma, ne ripercorre la storia e l'attualità

Il quarantesimo compleanno dello Statuto dei lavoratori merita di essere adeguatamente evidenziato ed enfatizzato. Innanzitutto partendo da una  ricostruzione storica serena completa ed equilibrata. Non può essere sottovalutato quello che lo Statuto dei lavoratori deve, innanzitutto, alla Costituzione repubblicana, il vero spartiacque della storia del nostro Paese. Il primo può essere ritenuto essenzialmente il veicolo attraverso il quale i valori costituzionali entrano nelle fabbriche, sulla cui soglia si fermavano, sicuramente per tutti gli anni cinquanta, molti diritti, libertà e soggettività aventi dignità costituzionale.

In secondo luogo c'è una spinta, che nessuno può sottovalutare sul piano storico, impressa fin dal primo dopoguerra dalla Cgil di Di Vittorio e che trova i suoi primi sbocchi, sui temi dello sviluppo e dell'occupazione, nel Piano del Lavoro del  1949 e, in tema di diritti, con la proposta di Statuto del 1952.

Sono anni di aspre battaglie, di ristrutturazioni e di repressioni ma nei quali inizia a svilupparsi un dibattito sui temi civili e sociali che sarà intenso e produttivo.

Merita di essere citato, in questo senso, il  ruolo avuto dagli intellettuali e dai giuristi che daranno vita alla Rivista Giuridica del lavoro. Sono questi gli albori, sulla macerie dell'impostazione corporativa del periodo fascista, del diritto del lavoro.

Sul piano politico è stata sicuramente significativa, dopo le svolte a destra degli Scelba e dei Tambroni, la costituzione dei primi governi di centro - sinistra e la produzione legislativa che ne conseguì in tema di protezione della famiglia, di disciplina dei licenziamenti, di ammortizzatori sociali, ecc.

Pur in un clima di forte contrasto sociale e di marcata competizione tra partiti e sindacati, si può dire che non fosse venuto meno in quel periodo il senso del patto costituzionale stipulato tra le principali espressioni politico culturali nella Costituzione.  A parte il ruolo di Confindustria che si oppose strenuamente all'idea di uno Statuto dei lavoratori, non c'è nessuno che possa permettersi di “mettere il cappello” su una riforma come questa né di vedersene completamente escluso. Con caratterizzazioni molto marcate e spesso molto distanti, tanti soggetti dettero un contributo significativo. La Cgil enfatizzando il tema dei diritti individuali, la Cisl con la sua insistenza sull'importanza della contrattazione, diversi esponenti soprattutto socialisti e comunisti con le loro proposte di legge, diversi interpreti governativi del tempo con l'inserimento del tema “statuto” nei programmi politici e di Governo: come valse per Moro e Rumor, fino alla rottura di indugi del Ministro del Lavoro Brodolini (socialista di provenienza Cgil, dove fu il vice di Di Vittorio) che dopo lunghe consultazioni nominò una commissione di giuristi guidata da Gino Giugni.

Grande coralità, quindi, tanta discussione, tanta spinta sociale, tanto ruolo del movimento del '68 sono gli ingredienti fondamentali di questa riuscita ed attuale normativa del lavoro. Anche tanta rappresentanza, che consigliò al PCI  e al PSIUP l'astensione sulla votazione finale per tenere conto anche di aspirazioni ad un ulteriore ampliamento delle prerogative dei lavoratori e del sindacato e di alcune critiche di merito sulla disciplina delle ispezioni corporali e su altro. I soli dieci voti contrari all'approvazione dello Statuto danno l'idea di questo grande percorso di costruzione di una normativa che guardasse da punti di vista anche molto diversi alla dimensione del bene comune.

Era su questi passaggi che ritenevo giusto porre qualche sottolineatura, dando per scontato, spero a ragione, che sui temi che saranno oggetto di discussione (come per lo Statuto dei lavori) aleggi analogo spirito oltre alla volontà di allargare le tutele per i lavoratori. Le ultime modifiche apportate alla camera al DDL lavoro, purtroppo, ci dicono esattamente  il contrario.

 

Fabio Garavina

Segr. confederale Cgil Parma

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