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Le clausole vessatorie

6 Novembre 2015
Quali clausole possono definirsi tali?

Tutti noi siamo abituati a temere le cosiddette "clausole vessatorie", ormai spauracchio di qualsiasi consumatore. Ma cosa sono in realtà queste clausole? Quali clausole possono definirsi tali?

Si definiscono clausole vessatorie tutte quelle che stabiliscono uno squilibrio degli obblighi derivanti dal contratto, in favore di colui che ha predisposto il contratto stesso.


Tali clausole sono disciplinate dagli artt. 1341, 1342 del Codice Civile e dagli artt. 33 e ss. del Codice del Consumo.


L'art. 1341 del Codice Civile (dedicato alle Condizioni Generali del Contratto) stabilisce che"non hanno effetto, se non sono approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l'esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell'altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria".


Come si può vedere il legislatore si è preoccupato di tutelare la "parte debole" del contratto prevedendo un meccanismo di doppia sottoscrizione: una prima firma si avrà in calce al contratto; una seconda dovrà essere apposta come specifica approvazione delle clausole oggetto di trattazione.


Tale sistema di "doppia firma" si è però ben presto rivelato inadeguato a far fronte all'evoluzione dei meccanismi contrattuali: sempre più spesso, infatti, si è osservato il proliferare dei cosiddetti contratti per adesione (si fa riferimento a tutti i moduli o formulari precompilati che vengono posti di fronte a noi solo al momento della sottoscrizione).


Tali contratti (di cui all'art. 1342 c.c.) palesano tutto lo squilibrio al quale è sottoposto il destinatario degli stessi, che può solo passivamente accettarne il contenuto senza alcuna possibilità di trattativa (si pensi ai formulari bancari, assicurativi, compagnie telefoniche...).


Anche al fine di eliminare tale squilibrio il legislatore ha introdotto il Codice del Consumo che,con riferimento ai soli rapporti tra professionista e consumatore, riconosce la vessatorietà di tutte le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto .

Le clausole così individuate, che devono essere redatte in modo chiaro e comprensibile e devono essere valutate tenendo conto della natura del bene o del servizio oggetto del contratto, sono considerate nulle (resta invece salvo il contratto originario).

Ma quali sono le clausole vessatorie individuate dal Codice del Consumo?


L'art. 33 comma 2 del menzionato codice risponde alla domanda elencando una serie di clausole che si presumono vessatorie fino a prova contraria. Tra le principali clausole troviamo quelle volte ad escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di danno o morte del consumatorie; escludere o limitare le azioni giudiziali nei confronti del professionista in caso di inadempimento o parziale adempimento del contratto; escludere o limitare l'opportunità del consumatore di compensare un debito contratto con il professionista; riconoscere al solo professionista la possibilità di recedere dal contratto ecc...

Naturalmente il legislatore ha enumerato delle deroghe a tale generale principio di vessatorietà.


In particolare l'art. 34 comma 4 afferma come "non sono vessatorie le clausole o gli elementi di clausola che siano stati oggetto di trattativa individuale" (il che, generalmente, conferma la vessatorietà delle clausole insite nei formulari prestampati).

La dimostrata trattativa individuale tra le parti (come la doppia sottoscrizione di cui all'art. 1341 c.c.) è quindi generalmente idonea a elidere la generale presunzione di vessatorietà delle clausole sopra elencate.


Anche in questo caso però vi sono alcune tassative ipotesi in presenza delle quali la legge riconosce la tassativa nullità della clausola, anche se oggetto di trattativa personale tra le parti. Si fa riferimento alle circostanze di cui all'art. 36 comma 2 Codice del consumo:

·         l'esclusione o la limitazione della responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore risultante da un'omissione o da un fatto del professionista stesso;

·         esclusione o limitazione delle azioni del consumatore nei confronti del professionista o di un'altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di inadempimento inesatto del professionista;

·         prevedere l'adesione del consumatore come estesa a clausole che non ha avuto, di fatto, la possiilità di conoscere prima della conclusione del contratto.


Tali clausole sono sempre nulle.

Ma allora che rapporti vi sono tra la disciplina di cui al Codice Civile e quella del Codie del Consumo?


Le menzionate norme non fanno altro che integrarsi l'una con l'altra.


È lo stesso Codice del Consumo, all'art. 38, ad affermare infatti che la disciplina codicistica, per quanto non espressamente previsto dallo stesso Codice, rinvia espressamente alle disposizioni del Codice Civile.


Risulta ad ogni modo necessario sottolineare alcuni elementi comuni e differenziali tra le due discipline.

In primo luogo le clausole di cui agli artt. 1341, 1342 c.c. sono considerate inefficaci salvo specifica approvazione per iscritto, mentre quelle di cui al Codice del Consumo sono nulle a prescindere dalla sottoscrizione (il discrimen è qui la trattativa individuale tra le parti).


Inoltre la nullità di queste ultime è rilevabile d'ufficio dal Giudice, mentre non è autonomamente rilevabile in ambito civilistico.

Infine elemento comune ad entrambe le discipline è la trattativa individuale tra le particonsiderata idonea ad escludere il carattere vessatorio delle clausole (doppia sottoscrizione civilistica), in ragione del venir meno dell'unilateralità della predisposizione contrattuale, come espressamente indicato dall'art. 34, comma 4, del codice del consumo e desumibile dai principi civilistici.

 

Dott. Federico Gennari

 

"Realizzato nell'ambito del Programma generale di intervento 2013 della Regione Emilia Romagna con l'utilizzo dei fondi del Ministero dello Sviluppo Economico"

 

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