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“LA CITTÀ DI DOMANI: RIPARTIAMO DALLA CULTURA?”

15 Maggio 2012
CGIL, SLC e FP di Parma ne hanno discusso lo scorso il 12 maggio ai Voltoni del Guazzatoio

    (Dalla relazione di Silvia Avanzini, segr. gen. SLC Cgil Parma)


L'idea di provare a riflettere sull'insieme del sistema culturale di Parma in una prospettiva di rilancio e recupero attraverso riflessioni e ragionamenti liberi da schemi, soprattutto dopo lo tsunami politico che ha attraversato la nostra città, nasce senza alcuna presunzione intellettuale da parte della Camera del Lavoro - anzi certamente con qualche ingenuità- ma nella consapevolezza di alcune caratteristiche storiche forti della città, che potrebbero rappresentare la ripartenza e il punto di svolta di una città oggi a mezz'aria, sospesa - la città del domani l'abbiamo definita. Terreno fertile quello della cultura, convinti come siamo che a Parma ci siano competenze, passioni, professionalità e interi giacimenti d'arte e di cultura, in grado di far riprendere un profilo autentico e genuinoalla città di Parma, che si è persa in questi anni tra slogan impropri e vuoti, inseguendo l'evento da città vetrina, ingigantendosi in spazi oggi surrealmente pietrificati (il Palazzo del Governatore doveva essere un centro di medialità sull'onda di Linz forse (??!!), ed oggi siamo al paradossale"affittasi") e più si sono moltiplicati i luoghi, più Parma culturalmente si è impoverita, disaggregata progressivamente e profondamente e, quel che è peggio, il dibattito culturale si è ridotto alla cantilena Festival Verdi sì, Festival Verdi no. Occasione mancata.Parma è per fortuna molto di più.

Le poche cose che dirò per introdurre suoneranno banali, ma veramente l'auspicio di questa nostra mattinata è quello di permetterci di farci raccontare anche da chi ci vede da fuori e soprattutto a stimolarci ad una riflessione più generale, terza con molto rispetto e timore nei confronti del tema ampio della cultura, dove per cultura deve intendersi una concezione allargata che implichi educazione, istruzione, conoscenza e non necessariamente - tema molto sensibile agli operatori del settore - legato ad un'idea di sviluppo meramente economicistica e di mercato, incentrata sull'aumento del Pil - che si è rivelato un indicatore alquanto imperfetto del benessere collettivo.Negli ultimi tempi - soprattutto dopo le provocazioni e banalità sull'idea che con la cultura non si mangia - si è accentuatoil binomio cultura ed economia, mala cultura non può essere dimensionata unicamente in una prospettiva economica, ma occorre valorizzarla nella sua pienezza;è un bene culturale - un bene comune - al servizio del sistema sociale, strumento di coesione nazionale, benessere collettivo e impulso per le attività del paese.

La recessione durissima in corso, se da un lato ci impartisce una pesante lezione sul rapporto finanza e speculazione versus economia reale (e la CGILper prima ha scontato un isolamento pesante nel denunciare e aggredire i primi segnali già profondi della crisi nel paese reale), dall'altro deve indurci a ripensare radicalmente il nostro modello di sviluppo.

Sviluppo e crescita sono oggi termini e concettiusati con disagio, i cui significati ci dovrebbero indurre ad una vera riflessione su quale sviluppo e crescita intendiamo,ma se vogliamo parlare di orizzonte, di futuro, dobbiamo necessariamente costruire un'idea di cultura sopra le macerie, un'occasione e un'indicazione di strada da perseguire con più convinzione; questo vale anche e soprattutto per Parma, che dovrà somigliare ad un risveglio che passi obbligatoriamente per la valorizzazione dei saperi, delle culture, puntando in questo modo sulla capacità di guidare il cambiamento.Cambiamento necessario, per non dire obbligatorio.

La cultura deve tornare al centro dell'azione di qualsiasi governo - sia esso centrale che locale - non come dibattito (la campagna elettorale ultima non ha brillato sul tema, nonostante le chiarissime aspettative del mondo della cultura e gli appelliche non sono mai realmente decollati, ma segno inequivocabile di quanto la città abbia perso nell'ascolto delle proprie voci profonde; un paese e nel nostro caso una città sorda agli appelli degli intellettuali dà già prova di profondo impoverimento).

Almeno due sono i motivi per cui la CGIL di Parma ha deciso di provarci e di chiedervi una riflessione libera sul terreno della produzione culturale, i teatri di produzione (musica e prosa) e della valorizzazione dei beni culturali: in primis nel rispetto dei tanti lavoratori e operatori del settore tra produzione culturale e patrimonio architettonico ancorati ai loro mestieri e al loro lavoro da forte passione;Donato ha tratteggiato e denunciato la situazione dei lavoratori pubblici che (ad esempio anche nei prossimi giorni) garantiranno i servizi di accesso ai musei nonostante le condizioni di lavoro in netto peggioramento; a me spetta invece spetta ricordare - partendo ad esempio dalla nota vicenda dei precari del Teatro Regio - che l'intero settore è attraversato da una precarietà storica, assenza  di un sistema di sostegno e ammortizzatori reale per il settorecon le note asperità della riforma Fornero sul mercato del lavoro, con la soppressione attraverso il decreto "salvaItalia" dell'ente previdenziale ENPALS, che ha un avanzo di bilancio di 1,8 miliardi di euro risorse di lavoratori e imprese e magari buone per attivare processi di protezione e sostegno al reddito, mancanze di regole certe e leve fiscali, il FUS ancorato alle accise dei carburanti dopo le note mobilitazioni del settore tutto e risorse pubbliche decentrate, cioè comuni e regioni che dal welfare culturale spostano a quello sociale, buona parte delle fondazioni lirico sinfoniche commissariate e interi settori, ad esempio quello del cinema, attraversato da processi di innovazione come il passaggio al digitale che sta mettendo in soffitta una schiera di proiezionisti.

Inoltre riteniamo che Parma abbia appunto perso in questi anni di città vetrina il suo vero e autentico RESPIRO CULTURALE. Perché Parma, lo dicevo all'inizio, non è solo Festival Verdi (lo dico con tutto il rispetto per tale manifestazione, per quello che rappresenta anche per la cultura più popolare della città, ma i lavoratori del Teatro Regio concordano sulla posizione elaborata in anni di attività sindacale) o di come ce lo dobbiamo giocare dal punto di vista del marketing territoriale.

In questi anni la principale istituzione culturale della città ilTeatro Regio, principale teatro di tradizione in Italia (a beneficio dell'erogazione FUS) ha giocato un irrealistico isolamento sia sul territorio che in regione, in più con forte spirito competitivo nei confronti delle fondazioni lirico-sinfoniche, contando su una politica nazionale di appoggi, che oggi hanno prodotto effetti ancora più pesanti (assenza di legge ad hoc per il festival, incertezze sul bicentenario, erogazioni una tantum romane, sprechi,  sbilanciamento tra risorse e programmazioni artistiche, etc). Di fatto oggi la Fondazione Teatro Regio, dopo anni di denunce e mobilitazioni sindacali, è una fondazione in forte difficoltà, perdite di bilancio e liquidità a secco, il cui salvataggio pesa su tutto il sistema culturale della città, perché ciò che si mette o nella ricapitalizzazione del teatro o nel contributo ordinario da parte del comune erode risorse alle altre istituzioni.Paradossalmente: il principale teatro della città avrebbe dovuto avere forza aggregativa creando un sistema virtuoso (si sono invece polverizzate e duplicate situazioni, producendo problemi sulla pianificazione delle risorse e calendari sovrapposti ad esempio le stagioni concertistiche) e al contrario la solidarietà viene fatta al teatro  e da chi già è più debole. Nella città e in tempi di profondissima crisi e in un comune che uscirà da un commissariamento di cui si è lungamente parlato la situazione si presenta oltremodo faticosa. E questo è un territorio su cui si muovono importanti espressioni in ambito non solo italiano ma europeo del teatro e della musica contemporanea e di innovazione rigorosa (Lenz-Rifrazioni, Fondazione Teatro Due, Traiettorie), che fa produzione preziosissima per il teatro deiragazzi (Teatro alle Briciole), passando attraverso il sistema delle biblioteche, cioè quei luoghi che continuano a produrre uno sguardo sul futuro e di interpretazione della realtà, sfuggendo  - e per questo pagando - l'effimero, l'evento fine a se stesso. Questa è la terra che ha ispiratoBertolucci, dove ad esempio si è insediata Guanda, la casa editrice di cui si festeggiano gli 80 anni di storia, casa editrice che sfuggì alle mode editoriali, è la città di una delle più belle rivoluzioni culturali e ideali di Tommasini/Basaglia/Bellocchio, dell'astrattismo e del MAC di Atanasio Soldati e dell'originale cifra estetica di Ettore Colla, del patrimonio dello CSAC, vero giacimento dell'arte, design,fotografia, e perché non spingersi a sentire il respirodella Parma profonda, fino a quello rivoluzionario e laico del popolo delle barricate e di una delle primeCamere del LavoroSindacalisteRivoluzionarie, la nostra, quella di Parma.

L'auspicio è cheda questa fase di stallo, recuperando una visione autentica del tessuto culturale di Parma, attraverso una Politica attiva e di intrecci tra istituzioni e sistema formativo se ne benefici anche l'aspetto più direttamente di indotto, quindi turismo e attività di ricezione del territorio, uscendo dal confine e aprendoci ad alleanze e sinergie.

E quindi a voi, gentili ospiti,la domanda aperta: la città del domani, Parma, può ripartire anche dalla cultura ...?

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Leggi la relazione di Claudio Meloni FP CGIL MIBAC
Leggi la relazione di Donato Colelli FP CGIL PR


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