La parità, secondo la Funzione Pubblica, deve essere applicata in tutte le sue implicazioni, perché diversamente si penalizzano le donne e i giovani
Il Governo, con un emendamento al decreto anticrisi, ha deciso di elevare l’età pensionabile delle donne dipendenti pubbliche a 65 anni.
Con lo stesso emendamento ha anche deciso di incrementare per tutti, uomini e donne, l’età pensionabile, a decorrere dal 1 gennaio 2015, legando l’aumento dell’età alla maggiore speranza di vita registrata nel quinquennio precedente. Solo per il 2015 è previsto che l’aumento non possa superare i tre mesi.
La Cgil conferma la propria contrarietà alle misure decise sulle pensioni, in quanto:
- la parità deve essere applicata in tutte le sue implicazioni: accesso al lavoro, opportunità di carriera, salari e retribuzioni, condizioni di lavoro, lavoro di cura, ecc.; non si può e non si deve cominciare dalle pensioni, dove, peraltro, le donne non hanno alcun privilegio ma solo la libertà di scegliere se collocarsi a riposo o continuare nell’attività lavorativa;
- le nuove norme volute dal Governo penalizzano fortemente le donne ed i giovani, che dovranno “lavorare di più per prendere meno”, visto che il Governo non dimostra intenzione di modificare i nuovi coefficienti di trasformazione che andranno in vigore dal 1° gennaio 2010;
- il Governo, con l’innalzamento obbligatorio della età delle donne, produce una disparità di trattamento nelle condizioni di reale accesso al pensionamento tra uomini e donne e tra le donne dei settori pubblico e privato e si configura solo come il primo passo per estendere l’innalzamento obbligatorio anche al settore privato;
- le risorse “scippate alle donne” con l’aumento dell’età pensionabile sono destinate ad un fondo presso Palazzo Chigi che sarà destinato al “sociale”, questione che, lo sappiamo bene, deve essere a carico non solo delle donne, ma di tutta la collettività.
La Cgil chiede invece:
- il ripristino della flessibilità dell’età pensionabile per tutti uomini e donne;
- la immediata definizione dei lavori usuranti;
- la modifica dei coefficienti di trasformazione delle pensioni in base a quanto stabilito dal protocollo sul welfare del 23 luglio 2007, protocollo che è stato votato da più di 5 milioni di lavoratori. La modifica dei coefficienti è necessaria per garantire ai giovani pensioni dignitose, garantendo quindi al tempo stesso la sostenibilità sociale del nostro sistema previdenziale;
- una diversa e maggiore valorizzazione contributiva per i periodi di maternità-paternità e di congedo parentale;
- una vera politica di pari opportunità che investa nei servizi pubblici, che sostenga le donne nel mercato del lavoro, che dia risposte al lavoro di cura, che sollevi le donne dal peso di un doppio lavoro obbligato in tutte le fasi della vita.