La multiutility e le sue contraddizioni secondo i sindacati confederali, di categoria e territoriali di CGIL, CISL e UIL
Ci uniamo
indubbiamente all’indignazione provocata tra i cittadini emiliani dalla
scandalosa vicenda del “dimissionamento” dell’Amministratore Delegato di IREN
che, nel bel mezzo della crisi che investe la società e colpisce tante persone,
dopo solamente un anno di attività, se ne andrà con una buonuscita di 900.000
euro, oltre ad un incarico di advisor per un anno per ulteriori 400.000 euro, a
cui si aggiungerà un premio di risultato di ulteriori 50.000 euro “per non aver
conseguito gli obiettivi strategici di riorganizzazione del gruppo”, il tutto a
carico delle tariffe di acqua, rifiuti e gas pagate dai cittadini emiliani.
Nel frattempo la
società ha assunto un nuovo amministratore delegato che dovrebbe percepire – il
condizionale è d’obbligo – un compenso massimo annuo di 360.000 euro annui, il
15-20% in meno dell’Ad “dimissionato”. Una cifra pur sempre spropositata se
paragonata allo stipendio di un lavoratore della medesima società o, ancor
peggio, di un lavoratore delle tante cooperative a cui Iren appalta la raccolta
dei rifiuti. Una cifra incomprensibile, una “cambiale in bianco” per un’azienda
che cambia il management sempre più repentinamente, continuando a navigare in
non buone acque, con un livello di indebitamento molto alto, in perenne e
infruttuosa riorganizzazione che, a conti fatti, ha consistito nel
peggioramento della qualità del servizio, delle condizioni di lavoro – attraverso
pesanti esternalizzazioni – e la progressiva riduzione degli investimenti
previsti, peraltro già contabilizzati nelle tariffe.
Contemporaneamente
si levano sempre più alti gli accenti critici e autocritici da parte della
maggioranza dei sindaci emiliani, ultimo in ordine di tempo il Sindaco di
Casina che lamenta l’impossibilità di poter spostare o aggiungere un cassonetto
e che quindi non contando nulla ritiene sia meglio uscire dalla società.
Analogamente qualche settimana fa il comune di Castellarano ha disdetto il
patto di sindacato per esercitare la possibilità di vendere le azioni nell’eventualità
che i rapporti con l’azienda non migliorino. Il comune di Cavriago le azioni le
ha già vendute e il comune di Parma le
ha impegnate per fare fronte ai debiti contratti dalla precedente amministrazione.
Intanto Reggio Emilia e Piacenza lavorano per “ripubblicizzare” l’acqua,
prevedendo la costituzione di una società in house (a Reggio Emilia) o una
società mista (a Piacenza), indennizzando Iren, cioè l’azienda in cui gli
stessi comuni detengono il 21% del capitale.
Ma allora, in
questa situazione, non è forse meglio riflettere fino in fondo sull’esperienza
Iren? Non è forse meglio prendere atto che l’assemblaggio – perché di questo si
è trattato, un assemblaggio – tra Enia, azienda multiservizi e le aziende
monoservizio di Genova e Torino non è andato a buon fine? Forse i problemi,
quelli veri, non stanno in capo solamente al management – che comunque fin qui
non ha brillato – ma al diverso profilo delle aziende assemblate e alle
differenti caratteristiche territoriali delle stesse. Da questi problemi ha
evidentemente origine la persistente divaricazione di interessi tra i soci
pubblici che fino ad oggi ha impedito la predisposizione del piano industriale.
Siamo ancora
convinti che continuare i processi aggregativi tra le utilitity dei servizi
pubblici locali, privilegiando la costituzione di grandi aziende multiservizi,
sia la strada giusta per aumentare le dimensioni industriali del settore,
migliorare i servizi e aumentare gli investimenti, ma l’esperienza passata e i
problemi che oggi ci troviamo ad affrontare ci impongono la necessità di
mantenere o ricostruire una forte autonomia e un forte radicamento territoriale
delle aziende aggregate.
E proprio per
radicare nuovamente le aziende nel territorio, a partire dall'esperienza da cui
provengono, avanziamo una proposta: nell’ambito dell’attuale aggregazione si
affermi una forte autonomia dell’azienda che eroga servizi pubblici locali
delle provincie di Reggio Emilia, Parma e Piacenza.
Una azienda che sia
nuovamente espressione del territorio e in cui si riconoscano e partecipino
attivamente i piccoli come i grandi comuni; un’azienda a maggioranza pubblica,
vicina ai cittadini, capace di prossimità, innovazione e di nuova occupazione;
una multiservizi che possa contribuire a superare la divaricazione territoriale
prodottasi nella nostra regione per conseguire gli obiettivi della
programmazione regionale sui rifiuti, sull’acqua e sull'energia, incrementando
gli investimenti, la qualità dei servizi e quella del lavoro.