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Il governo delle barzellette dice l'ennesima di troppo

8 Settembre 2011
Inqualificabile boutade del ministro Sacconi, che offende le donne (suore comprese), la Cgil e anche la Chiesa per giustificare l'art. 8 inserito in manovra

Nel paese delle barzellette fuori luogo non si sentiva davvero il bisogno dell’ultima inqualificabile battuta del ministro Sacconi, che in un colpo solo, con il beneplacito silenzioso del fido Bonanni, nel tentativo di giustificare il colpo di mano perpetrato ai danni dei lavoratori con l’art. 8 della manovra, offende insieme le donne (suore comprese), la Cgil e, indirettamente, anche la Chiesa.

 

Superato l’iniziale sbigottimento verso un’uscita così poco felice, qualunque persona di buon senso che abbia un giusto rispetto nei confronti delle donne non può non chiedersi cosa abbia voluto esprimere l’ineffabile ministro con tale sortita. Lo stereotipo della donna violentata e in quanto tale consenziente torna in auge con tutta la sua ferocia espressiva, insieme all’ottusa morale semplicistica secondo cui basterebbe dire di no per essere al sicuro da ogni aggressione. Una metafora che ben ripropone l’immaginario a dir poco torbido e boccaccesco di cui i nostri rappresentanti al governo hanno in fin troppe occasioni dato prova nei riguardi del “gentil sesso”. E che sembra in controtendenza anche con le misure di questo stesso governo nei confronti di molestatori e autori di violenze sessuali.

 

Come spiegare, poi, il parallelo con l’articolo 8 tanto contestato dalla Cgil? Se davvero, come chiosa Sacconi a margine della barzelletta, al sindacato bastasse dire di no alla sua applicazione, a quale scopo quella norma sarebbe stata introdotta addirittura nella manovra finanziaria? Il mistero sulle reali intenzioni di chi ha il compito di governo del paese si infittisce.

 

Restano l’amarezza e il grande rammarico per l’accanimento gratuito e certamente non involontario nei confronti delle donne e di tutto il mondo del lavoro, a cui proprio il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali si abbandona con tanta facilità e inopportunità, in barba ad ogni invito a non acuire le tensioni sociali generate ed enfatizzate dalla crisi economica e dalla stretta che l’Europa ci impone.

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