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I sistemi di videosorveglianza

15 Aprile 2017
Di fronte all’aumento degli episodi di furto e scasso, i cittadini sono sempre più propensi a dotare la propria abitazione di sistemi di videosorveglianza.

Di fronte all’aumento degli episodi di furto e scasso, i cittadini sono sempre più propensi a dotare la propria abitazione di sistemi di videosorveglianza (come telecamere a circuito chiuso e videocitofoni), a protezione della propria persona e della propria famiglia. Ma le migliori intenzioni non sempre giustificano i mezzi: se non si rispettano le norme di legge si può incorrere in un reato grave, dato che le telecamere inevitabilmente captano un numero indeterminato di persone, esponendo a pericolo la loro riservatezza.
Vediamo quindi cosa c’è da sapere.
È un provvedimento del Garante della privacy, datato 29 aprile 2004, ad occuparsi specificamente dell’installazione di telecamere a circuito chiuso e videocitofoni negli edifici pubblici, privati e condominiali.
In esso il Garante prevede tutta una serie di tutele, garanzie e adempimenti, al fine di poter legittimamente utilizzare i sistemi di videosorveglianza nel rispetto della privacy altrui ed evitando di incorrere nel reato di interferenze illecite nella vita privata, punito dall’art. 615-bis codice penale con la reclusione da 6 mesi a 4 anni.
Il principale adempimento è l’informativa: gli interessati devono essere informati che stanno per accedere o che si trovano in una zona videosorvegliata e dell'eventuale registrazione. Il supporto con l'informativa deve essere collocato nei luoghi ripresi o nelle immediate vicinanze, non necessariamente a contatto con la telecamera; deve avere un formato ed un posizionamento tale da essere chiaramente visibile; può inglobare un simbolo o una stilizzazione di esplicita e immediata comprensione (es. il disegno della telecamera).
I videocitofoni (o altre apparecchiature che rilevano immagini o suoni senza registrazione) sono ammissibili per identificare coloro che si accingono ad entrare in luoghi privati. La loro esistenza deve essere conosciuta attraverso un’informativa agevolmente rilevabile, quando non sono utilizzati per fini esclusivamente personali.
Al paragrafo 6.2.5. del provvedimento ci si occupa della videosorveglianza negli immobili privati e all’interno di condominii e loro pertinenze (es. posti auto).
La premessa è che l’installazione degli impianti in questi luoghi è ammissibile esclusivamente in relazione all'esigenza di preservare la sicurezza delle persone e la tutela dei beni da concrete situazioni di pericolo.
Tuttavia, viene subito chiarito che l'angolo visuale delle riprese deve essere limitato ai soli spazi di propria esclusiva pertinenza, ad esempio davanti all’ingresso della propria abitazione, escludendo ogni forma di ripresa - anche senza registrazione di immagini - relativa ad aree comuni (cortili, pianerottoli, scale, garage comuni) o antistanti l'abitazione di altri condomini e vicini di casa.
A ben vedere però la disposizione non è molto chiara. Infatti, com’è possibile puntare la telecamera davanti all’ingresso della propria abitazione se si abita in un condominio? È chiaro che in tal caso, per tutelarsi dall’intrusioni di soggetti estranei, si ha interesse a riprendere proprio aree comuni come il parcheggio e l’ingresso comune dell’edificio, non già la porta del proprio appartamento.
È quindi doverosa una precisione.
Facciamo l’esempio di chi, per difendersi dai ladri, decida di posizionare una webcam sul balcone del proprio appartamento condominiale, registrando le immagini captate e visionandole sul computer o sul televisore.
Orbene, un simile comportamento non costituisce reato se le zone condominiali sono aperte al pubblico.
È essenziale che gli spazi ripresi non siano recintati, né coperti da siepi, né protetti in altro modo dalla vista degli estranei, poiché ciò che la norma mira a tutelare è il diritto alla riservatezza altrui in luoghi di privata dimora. In sostanza, se si volesse evitare sguardi indiscreti (elettronici o meno), non ci si fermerebbe nel cortile oppure nel parcheggio del condominio.
Di conseguenza, il puntare una telecamera sulle aree comuni non integra gli estremi del reato di cui all’art. 615-bis codice penale né si ha alcuna violazione della privacy degli altri condomini, qualora tali riprese siano effettuate contro la loro volontà.
Stesso discorso vale per l’abitazione indipendente: la ripresa delle pertinenze del domicilio, come il cancello e il vialetto d’accesso, non può ritenersi in alcun modo invasiva della sfera privata ai sensi dell’art. 615-bis del Codice Penale, giacché l’esposizione alla vista altrui di quell’area, la quale non è rivolta a manifestazioni di vita privata esclusive, è incompatibile con una tutela penale della riservatezza, anche ove risultasse che manifestazioni di vita privata in quell’area siano state in concreto realizzate e perciò riprese.
Si precisa che le argomentazioni sopra riportate sono state ribadite dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 44156/2008.

 

"Realizzato nell'ambito  del  Programma generale di intervento della Regione Emilia Romagna con  l'utilizzo  dei  fondi  del  Ministero  dello  sviluppo economico. Ripartizione 2015

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