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Di quale occupazione stiamo parlando?

10 Febbraio 2010
Comunicato RSA Gruppo Intesa Sanpaolo Fisac/CGIL - Parma

La RSA Gruppo Intesa Sanpaolo Fisac/CGIL - Parma interviene a proposito della proposta sull'occupazione avanzata dal Gruppo, per avanzare alcune domande.

Di quale occupazione stiamo parlando? Realmente di 400/500 posti in un gruppo, Intesa Sanpaolo, che negli ultimi tre anni ha registrato un saldo occupazionale negativo di circa 8000 lavoratori. Le restanti assunzioni contenute nell’accordo erano dovute in quanto derivanti da un altro accordo sugli esodi di fine anno non completamente onorato da Intesa Sanpaolo.

Non stiamo quindi parlando di chiamate per migliaia di nuovi lavoratori per cui, effettivamente, di fronte a certe necessità e prospettive si potrebbero aprire aspetti di opportunità di sviluppo e di responsabilità di cui la Fisac/Cgil si è sempre fatta carico.

Parliamo di una occupazione che introduce di fatto una nuova sottocategoria di lavoratori sottoinquadrati, sottosalariari, con diritti disomogenei, individuati per aree geografiche di appartenenza o distinti per mansione. Non è nient’altro che la deroga in pejus del CCNL come previsto dal nuovo modello contrattuale contenuto nell’accordo separato che la CGIL non ha mai firmato.

Quindi parliamo di una proposta che di fatto non crea nessuna nuova spinta occupazionale né alcuna prospettiva ma che afferma la centralità dell’impresa e che conferma la teoria aziendalista secondo cui riorganizzazioni ed occupazione si affrontano esclusivamente aggredendo il costo del lavoro e che a pagare sono ancora una volta i lavoratori.

E se non parliamo di vera occupazione… di cosa stiamo parlando? Di un utilizzo sperimentale in aree geografiche disagiate (Puglia, Basilicata ed Abruzzo) con la creazione di vere e proprie gabbie salariali. Di definire una fascia di personale con minori diritti, individuando questi lavoratori, non solo per tipologia d’attività, ma pure per area geografica di provenienza. Il che suona assai beffardo se pensiamo che, a fronte della creazione di ISP Group Services, in cui questi lavoratori avrebbero dovuto confluire per la tipologia delle attività svolte, il sindacato e Intesa Sanpaolo hanno garantito con l’accordo del 23 marzo l'applicazione totale delle norme e delle retribuzioni contrattuali e aziendali anche per i futuri lavoratori.

Ma c’è anche dell’altro. Questa proposta permette di: rompere il vincolo di solidarietà tra lavoratori, attraverso un riconoscimento disomogeneo dei diritti; derubricare il valore del CCNL, cancellandone il carattere di garante collettivo per i soggetti interessati; codificare in un accordo fra azienda e sindacato che dalla crisi si esce diminuendo i salari ed i diritti e ancora una volta saranno SOLO i lavoratori a pagarne i costi; modificare il contratto per quanto riguarda le assunzioni, definendo già da ora una situazione di vantaggio sul piano normativo ed economico, senza nemmeno il fastidio di dover affrontare il più  complessivo ragionamento del rinnovo del contratto nazionale.

A questo punto viene da chiedersi con quale forza il Sindacato andrà a chiedere e trattare migliorie di condizioni nel prossimo rinnovo contrattuale quando non è stato in grado di reggere questa ondata di aggressioni a salario e diritti?

Ed allora verrebbe da chiedere a quei giovani colleghi del polo di Parma che solo pochi mesi fa sono stati assunti a tempo indeterminato con tutti e diritti e le tutele del CCNL e degli accordi aziendali: cosa pensano del fatto che a loro sia stato concesso questa opportunità e ad altri no? Come valutano la prospettiva che loro coetanei, probabilmente anche conterranei, che svolgono le loro stesse attività siano sottopagati, sottoinquadrati, sottotutelati? Non pensano che questi giovani lavoratori debbano avere pari dignità? Non sentono nascere in loro un sentimento di disgusto, di ribellione? Di solidarietà? Ma questo non dovrebbe valere per tutti i lavoratori di questa azienda e per tutte le organizzazioni sindacali?

Non ci sentiamo scossi dal fatto che le nostre garanzie siano a scapito delle condizioni di lavoro dei giovani?

Come potremmo guardare negli occhi un collega a fianco di scrivania, che potrebbe avere l’età dei nostri figli, che a conti fatti percepisce oltre il 30% di stipendio in meno? Per non parlare della privazione di tutte le altre tutele?

Quale motivazione portiamo? È forse in crisi questa azienda? Sono forse in atto ristrutturazione o pesanti riorganizzazioni? In un moto di amor proprio, vogliamo scuoterci? La Fisac non vuole creare uno scontro fra generazioni! La Fisac ha rispedito la proposta al mittente rendendosi indisponibile a subire questo odioso ricatto occupazionale che, se accolto, andrebbe a minare principi di eguaglianza e solidarietà e potrebbe essere pericoloso per l’effetto che avrebbe sull’imminente fase di rinnovo contrattuale.

E a quel punto sarebbe dannoso per tutti!

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