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Cft, rotte le trattative. No alla mobilità, sì alla solidarietà

6 Febbraio 2012
Sindacati e Rsu chiedono la cassa integrazione a rotazione

Dopo l’ultimo incontro con l’azienda dello scorso 1° febbraio, i sindacati di categoria hanno riscontrato un sostanziale irrigidimento della CFT sulla questione della messa in mobilità di 36 lavoratori. L’azienda non sembra intenzionata a considerare aperture e proposte verso una cassa integrazione a rotazione nelle aree critiche individuate dall’azienda, mentre viene confermata, dalla direzione aziendale, la volontà di individuare un certo numero di lavoratori che comunque dovrebbero andare in CIGO per 52 settimane, con un percorso di fatto segnato di uscita dall’azienda.

 

Ritenendo inaccettabile questo modo di rapportarsi con i lavoratori, le RSU e la segreterie provinciali di FIOM, FIM e UILM hanno convocato un’assemblea di tutti i lavoratori che ha deciso di continuare la vertenza intraprendendo una serie di azioni di lotta tese a contrastare il disegno della direzione aziendale, volto a mettere alla porta alcuni lavoratori con licenziamenti ad personam mascherati.

 

Merita riepilogare i fatti salienti della vertenza, avviata con l’apertura da parte della Cft, il 30 dicembre scorso, di una procedura di mobilità per 36 lavoratori nello stabilimento di via Paradigna. La Cft S.P.A si è fusa recentemente (1° gennaio 2012) con Cft Packaging e Catelli Holding, creando due divisioni: la divisione Processing a Parma e la divisione Packaging a Montecchio.

 

In tale contesto la pesante scelta annunciata è stata motivata con la necessità di mettere ordine nei conti economici dell’azienda, sulla quale incidono pesantemente gli oneri di una forte esposizione bancaria. Ancora una volta la proprietà, in questo momento di grave crisi economica, sceglie la facile strada di mettere alla porta lavoratori che, evidentemente, non hanno alcuna responsabilità, né della crisi del mercato mondiale del prodotto, né della cattiva gestione dell’organizzazione aziendale.

 

Si tratta di 36 lavoratori, 36 persone - e 36 famiglie - (il 16% di tutta l’azienda) che dovrebbero pagare una crisi di cui non portano nessuna responsabilità. I lavoratori, la RSU e i sindacati di categoria FIOM, FIM e UILM ritengono che si possa uscire da questa pesante situazione aziendale con altri strumenti, improntati alla coesione sociale e alla responsabilità sociale dell’impresa.

 

Non si può pensare che il salvataggio di questa azienda passi attraverso il licenziamento di 36 persone: occorre piuttosto una attenta analisi dell’organizzazione aziendale, il recupero degli sprechi e delle inefficienze, una revisione dei costi del management e delle esternalizzazioni.

 

Per queste ragioni sindacati e RSU dicono no a licenziamenti camuffati e sono pronti a mobilitarsi per riaffermare il ricorso ad ammortizzatori sociali che salvaguardino i preziosi posti di lavoro, l’esperienza ed il sapere aziendale come il contratto di solidarietà ed il ricorso alla Cassa Integrazione Ordinaria per tutti, a rotazione.

 

A tale proposito l’assemblea svoltasi il 1° febbraio ha ribadito la riconferma del blocco degli straordinari e della flessibilità senza eccezione alcuna e, dopo lo sciopero di un’ora svoltosi il 2 febbraio scorso, un ulteriore programma di iniziative di lotta a partire da oggi, lunedì 6 febbraio.

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