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Carta dei diritti univerali del lavoro: dichiarazioni di Massimo Bussandri, segr. gen. CGIL Parma

7 Marzo 2016
Combattere il Jobs Act, affermare i diritti: la proposta CGIL per un nuovo “Statuto” dei lavoratori

 

"Il Jobs Act è una “bufala” e ha fallito tutti gli obiettivi sbandierati dai suoi promotori. A denunciarlo non siamo soltanto noi, ma persino giornalisti e opinionisti molto lontani dal mondo CGIL. Uno su tutti: Luca Ricolfi sul Sole24Ore (giornale notoriamente di proprietà di Confindustria).

Con grande onestà intellettuale, Ricolfi analizza i dati sull'occupazione emessi da Inps e Istat (peraltro non sempre in linea gli uni con gli altri) e ne ricava  alcune informazioni precise: fino all'ultimo scorcio del 2015 il numero di lavoratori a tempo indeterminato cessati dal lavoro era superiore al numero di lavoratori a tempo indeterminato attivati; esattamente all'opposto, il numero dei rapporti di lavoro temporaneo attivati era superiore al numero dei rapporti di lavoro temporaneo cessati.

Possiamo dunque dire che se l'obiettivo del Jobs Act era quello di creare più occupazione, quell'obiettivo è stato clamorosamente mancato? E possiamo dire che se l'obiettivo del Jobs Act era quello di ridurre l'area del precariato anche quell'obiettivo è stato completamente “toppato”? Si, davvero lo possiamo dire.

Rispetto ai dati analizzati da Ricolfi va detto che proprio nel mese di dicembre 2015 si è registrata un'impennata di assunzioni a tempo indeterminato (tutte stabilizzazioni di posti precari, non certo nuove assunzioni) dovuta però non al Jobs Act ma ai lauti incentivi all'assunzione stabile contenuti nelle legge di stabilità 2015 (incentivi che, guarda caso, scadevano il 31 dicembre per poi diventare decisamente più ridotti nel 2016).

Anche qui, però, i numeri aiutano a capire meglio. Nel 2015 il Governo ha stanziato qualcosa come 12 miliardi di euro per incentivi all'assunzione a pioggia, senza nemmeno distinguere le imprese sulla base delle loro condotte più o meno virtuose, e nello stesso anno la cosiddetta “spinta occupazionale” è aumentata di sole 80.000 unità rispetto al dato del 2014. Praticamente ogni unità lavorativa aggiuntiva è costata allo Stato (e alle nostre tasche) la bellezza di 150.000 euro: con i soldi sufficienti a creare 5 posti di lavoro ne hanno creato uno, e il resto è andato sostanzialmente a ingrassare senza motivo le tasche di qualche imprenditore. Davvero complimenti al Governo.

Cosa resta dunque del Jobs Act? Solo la grancassa mediatica di un provvedimento non solo inutile ma dannoso, che disegna un modello di sviluppo basato principalmente sulla compressione dei diritti e dei salari.

A questo modello la Cgil si oppone mettendo in campo la proposta più innovativa della propria storia recente: l'idea di una Carta dei diritti universali del lavoro, di un nuovo Statuto delle lavoratrici e dei lavoratori che, proprio all'opposto dei piani del Governo, rimetta il lavoro e la sua dignità al centro del modello di sviluppo.

La proposta di nuovo Statuto vuole affermare un corpo di diritti fondamentali dei lavoratori a valere non solo per i “fissi”, ma anche per i precari, non solo per i dipendenti in senso stretto, ma per tutti i lavoratori economicamente subordinati alle direttive di un padrone o di un committente (quindi anche co.co.co. , partite Iva, ecc.). Vuole reintrodurre l'art. 18 nella sua piena efficacia, come era prima del Jobs Act e della “riforma” Fornero, e allargare il principio della reintegra in caso di licenziamento illegittimo anche alle aziende sotto i 16 dipendenti. Vuole stabilire le regole sulla rappresentanza sindacale e sulla validità ed esigibilità dei contratti. Vuole mettere ordine e regole nel sistema degli appalti e delle esternalizzazioni.

Un progetto ambizioso, del quale c'era bisogno: sia perchè lo statuto del 1970 ce lo hanno smontato pezzo dopo pezzo i Governi Berlusconi, Monti e Renzi, sia perchè in ogni caso lo statuto del 1970 non copre più una larga fetta del mondo del lavoro, diversa dai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato.  Per condividere la proposta del nuovo statuto le categorie della Cgil hanno programmato, solo a Parma, più di 500 assemblee di consultazione degli iscritti. Al termine della consultazione, il testo normativo si tradurrà in proposta di legge d'iniziativa popolare e, se nessuna forza parlamentare sosterrà la proposta, sono già allo studio i quesiti referendari per abrogare il Jobs Act e le normative precedenti che hanno smantellato il diritto del lavoro. La battaglia sarà lunga e dura e la Cgil avrà bisogno del sostegno di tutta la propria gente. Al lavoro e alla lotta!" 

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