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Banca Monte Parma ceduta a Banca Intesa

18 Ottobre 2010
La Fisac Cgil: "Perse autonomia e banca locale. Ora chiediamo garanzie per il personale!"

Tra la serata di venerdì e la mattinata di sabato la Fisac Cgil provinciale e la RSA di Banca Monte Parma sono venute a conoscenza, dai notiziari tv e dalla stampa, dell’avvenuta cessione da parte della Fondazione Monte di Parma del 51% del capitale, e quindi del controllo, di Banca Monte Parma S.p.A. a Intesa San Paolo.

Con questo accordo Banca Monte Parma perde la propria autonomia e Parma perde l'ultimo istituto di credito locale.
 
In tutti questi mesi il presidente Salvatori ed il direttore generale Martini hanno fornito comunicazioni “ufficiali” che, alla luce dei fatti, si sono rivelate non corrispondenti al vero. Fino agli ultimi giorni è sempre stata esclusa la perdita del controllo della Banca; in ogni caso, l’ipotesi di cessione a Intesa San Paolo, non è mai stata prospettata, neppure davanti alla preoccupazione del sindacato sorta per la scelta dell’advisor - Banca IMI – facente parte del Gruppo Intesa e, quindi, in pieno conflitto di interessi.

La Fondazione Monte di Parma, il presidente e il direttore generale non hanno tenuto fede agli impegni assunti, non hanno voluto informare le parti correttamente rispetto a quanto stava accadendo, non si sono resi disponibili ad un confronto con le organizzazioni sindacali, né per valutare le varie possibili soluzioni in campo, né tantomeno per fornire ai lavoratori le necessarie garanzie.

Un atteggiamento sconcertante nei confronti del personale di Banca Monte, che ha saputo sopperire, in questi anni, con l’impegno quotidiano e la professionalità, alle scelte sciagurate dei vertici aziendali ed alla mancanza di attenzione e di controllo da parte della Fondazione.

Lascia alquanto perplessi anche il comportamento delle istituzioni locali. Infatti, Comune di Parma e Provincia di Parma sono presenti all’interno della Fondazione e hanno precise responsabilità per le conseguenze negative che le decisioni assunte potrebbero causare, oltreché per il territorio, per i dipendenti della Banca.

Intesa San Paolo ha dimostrato in diverse occasioni, anche quando acquisì Cariparma nel 1999 (e guarda caso, anche allora, giocò un ruolo fondamentale Salvatori), di non avere gran sensibilità nei confronti del rapporto con la città e, ancor meno, nei confronti dei lavoratori. Certamente istituti di credito di dimensioni più contenute e con una cultura più legata alla vicinanza con il tessuto sociale del territorio (la stessa Popolare di Milano, ad esempio) avrebbero potuto rappresentare una differente prospettiva.

La scelta di vendere la banca a Intesa San paolo crea forti preoccupazioni e comporta seri rischi per le ricadute che si potrebbero determinare nei confronti del personale.

Cosa stabiliranno i “patti parasociali” che verranno sottoscritti nei prossimi giorni? E cosa prevederà il nuovo Piano Industriale che verrà definito dalla nuova proprietà?

Secondo il sindacato e la RSA è ora necessaria la mobilitazione immediata al fine di costringere l’azienda ad un accordo che garantisca la salvaguardia dei livelli occupazionali, il mantenimento di attività negli uffici di  direzione, garanzie su mobilità e trasferimenti e la tutela delle professionalità. Occorre insomma intervenire affinché gli interessi di pochi non danneggino quelli di tutti i lavoratori di Banca Monte Parma.

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