Dichiarazione di Mauro Macchiesi, segretario nazionale Flai Cgil
L’accordo di
venerdì 31 gennaio 2014 con la Parmalat è una scelta dolorosa perché diminuisce gli organici complessivi del
Gruppo, ma lo abbiamo sottoscritto perché in esso è contenuto un Piano sociale
che, in parte prevede una ricollocazione con percorsi di mobilità interna e, in
parte, prevede l’accompagno alla pensione e quindi non lascia sole le
lavoratrici ed i lavoratori a difendersi dalle decisioni dell’azienda.
Già nel precedente accordo del settembre 2012 era prevista una seconda fase della ristrutturazione dopo la chiusura, da parte dell’azienda, di due impianti produttivi come Cilavegna e Genova.
Nell’accordo siamo ripartiti dall’intesa raggiunta al Ministero dello Sviluppo del settembre 2012 sul Piano Industriale del Gruppo e, quindi, dagli investimenti per la nuova linea a Collecchio: 40 milioni sull’innovazione di prodotto ed un piano di marketing a sostegno dei prodotti Parmalat. Inoltre, sono previsti 10 milioni per gli stabilimenti di Collecchio e Zevio per due impianti di Cogenerazione.
Occorrerà controllare
con maggiore forza e puntualità la corretta e la puntuale applicazione di
questo impegno dell’azienda sugli investimenti. perché è evidente che, secondo
la Flai Cgil, l’azienda non si muove con chiarezza sugli obiettivi di business,
non supporta la produzione dei prodotti a marchio con la necessaria forza e,
nello stesso tempo, è molto lontana da quell’obiettivo dichiarato al Ministero
dello sviluppo del 30 % della produzione per le marche private.
Noi avevamo
valutato positivamente questa quota di produzione che avrebbe dovuto essere
aggiuntiva ai prodotti di marca, perché
avrebbe fatto aumentare i volumi prodotti, saturando la capacità produttiva
degli impianti, ma se questa produzione, come sembra dai dati del 2013, diventa
sostitutiva, cambia profondamente l’obiettivo: non satura la produzione degli
impianti, comprime la qualità delle produzioni a marchio e non genera valore
aggiunto dal punto di vista finanziario, in sostanza mette in pericolo l’esistenza
della stessa azienda. Al di là delle
difficoltà oggettive dell’azienda, non comprendiamo ancora cosa la proprietà
voglia fare.
Le vicende giudiziarie dell’acquisizione Lactalis U.S.A. e la questione della proprietà del pacchetto azionario della Centrale del Latte di Roma possono essere un limite per l’intervento della stessa proprietà, non la giustificazione sul ritardo con cui si decide ad investire. Questo è il vero problema a cui fino ad oggi non si è data risposta: il piano di acquisizione prevedeva la realizzazione a Parma della Governance della produzione del latte in Europa a cui non si è dato corso, l’idea che gli impianti in Italia diventassero sedi di produzione per la marca privata in Europa: ancora alle “prove tecniche”.
Oggi pensare ad un’azienda che, in Italia, trasforma il latte e non produce derivati è un controsenso e quelle aziende che hanno fatto scelte sulle lavorazioni per i prodotti di marca, lavorano su grandi numeri per realizzare margine.
A dieci anni dal crack i prodotti Parmalat vivono ancora di luce riflessa, per un’azienda che faceva forte innovazione di prodotto ed era attenta alla qualità, ebbene, quella “world card” non è più utilizzabile.
Con l’accordo del 31 gennaio 2014 il Sindacato e le Rappresentanze dei lavoratori si sono assunti ancora una volta la propria responsabilità, ora occorre che “i francesi” si assumano la propria.
Il piano di riorganizzazione prevede un progetto di esuberi di 86 unità che si vanno a sommare ai 94 (2) del precedente piano, il piano sociale prevede la ricollocazione interna nell’ara Catania – Ragusa per 6 unità ed il passaggio di 12 lavoratori della logistica ad una apprezzata azienda del settore che opera sempre nella stessa area, con un riconoscimento di 13.000 euro per il passaggio dal contratto alimentaristi a quello dei traporti. Anche a Villaguardia è previsto che l’azienda trovi nuove ricollocazioni con concrete misure di sostegno alle spese di trasloco, oppure alle spese di pendolarismo.
Per i lavoratori che volontariamente volessero uscire dall’azienda avranno un incentivo massimo di 50.000 euro e per i lavoratori pensionabili la copertura di una indennità pari all’80 % del reddito percepito fino alla collocazione in pensione, i lavoratori che volessero uscire dall’azienda entro il 31/03/2014 avranno diritto a 4 mensilità aggiuntive al piano base.
Le RSU ed il Sindacato
si impegneranno alla verifica al mantenimento degli impegni dell’azienda sul
piano industriale ed all’assistenza dei lavoratori interessati dal piano
sociale previsto dagli accordi, l’azienda continua a chiedere a vari livelli
maggiore flessibilità nell’organizzazione del lavoro e diminuzione di salario.
Noi crediamo di aver dimostrato che non ci sottraiamo a concordare
l’ottimizzazione dell’efficienza delle linee produttive, ciò è necessario e non
modifica le condizioni di lavoro; ma la strada dei salari più bassi non è
percorribile perché non è in questa direzione che si rilancia un’azienda come Parmalat.