L’assemblea degli operatori di Parma lancia l’allarme: "Da diversi mesi non riceviamo parte dello stipendio"
In occasione della
giornata di mobilitazione nazionale dei lavoratori dei beni culturali, questa
mattina si è svolta, presso il Museo Archeologico di Parma, un’assemblea di
tutti i lavoratori del Ministero dei beni Culturali che operano nel territorio,
a cui hanno presenziato, vista l’importanza dell’argomento, anche i segretari
confederali provinciali di CGIL, Patrizia Maestri, e CISL, Federico Ghillani.
Le lavoratrici e i
lavoratori degli istituti culturali statali di Parma hanno voluto richiamare
l'attenzione dei cittadini sulla difficile situazione che stanno attraversando,
e che li costringerà probabilmente, nelle prossime settimane e nei prossimi
mesi, a prendere iniziative che inevitabilmente avranno ripercussioni sulla
fruibilità dei beni culturali della città e della provincia. È da diversi mesi
infatti che i lavoratori del Ministero
dei Beni Culturali non ricevono parte dello stipendio loro dovuto secondo
l'ultimo contratto (pari a circa il 20% del salario), contratto del resto
bloccato da tre anni.
Inoltre non sono ancora
disponibili i fondi per pagare progetti, quali la Settimana della Cultura che
si è tenuta ad aprile scorso e che ha visto l'apertura straordinaria anche
serale di molti istituti. Il personale ha lavorato, per così dire, "sulla
fiducia".
I lavoratori hanno a
cuore la difesa e la valorizzazione dell'enorme tesoro costituito dai beni
culturali comuni che la Repubblica italiana ci ha affidato in custodia,
contrariamente a quanto troppo spesso accade ai livelli superiori, sia politici
che amministrativi. Tutti i giorni (e per molti di loro anche la domenica e i
giorni festivi) sono impegnati in prima persona a conservare e rendere fruibile
la formidabile eredità di monumenti, opere d'arte, libri, spartiti musicali,
documenti, sculture, affreschi, miniature che costituiscono il dono
inestimabile tramandatoci nei secoli dalle generazioni passate, ognuno dei
quali è un elemento indispensabile della cultura umana nella sua particolare
variante europea, quella che è arrivata a sancire per tutti gli esseri umani i
diritti fondamentali di uguaglianza e dignità.
L'esperienza del
terremoto ha posto davanti agli occhi di tutti quanto siano in realtà fragili
anche le testimonianze che crediamo più durature: rocche, castelli, chiese,
palazzi possono essere distrutte in pochi secondi. Ma anche l'incuria e
l'abbandono possono fare altrettanto, solo in tempi più lunghi. E non
corrispondere al personale quanto liberamente sottoscritto nei contratti è il
modo più facile per far aumentare la disaffezione verso i beni culturali nei
soggetti che per primi dovrebbero difenderli.
È stato detto che con “la
cultura non si mangia". Probabilmente qualcuno pensava che
l'economia italiana potesse facilmente fare a meno dei 50.000 turisti che ogni
anno visitano il Teatro Farnese, o dei quasi 60.000 di Torrechiara.
Ai problemi legati al
salario vanno aggiunti quelli legati anche alla carenza del personale di
vigilanza: solo 30 per la Soprintendenza ai beni artistici, per la vigilanza
del Teatro Farnese, la Galleria nazionale, la Camera di San Paolo e la
Spezieria di san Giovanni; solo 9 addetti per il castello di Torrechiara e
Bobbio; analogo discorso per il Museo archeologico, Archivio di Stato e
Biblioteca Palatina.
Una forte carenza si
registra anche per le altre professioni, senza le quali la conservazione del
patrimonio architettonico, artistico, archeologico, librario e dei documenti
non sarebbe possibile.
Pertanto, se nelle
settimane e nei mesi a venire si troveranno chiusi gli archivi, i monumenti, i
musei o le biblioteche, sarà perché – paradossalmente - per garantire a tutti
l'accesso si è costretti a chiudere.
I lavoratori in
assemblea hanno voluto lanciare un grido da allarme a tutte le istituzioni
locali e statali e non solo, e auspicano che questo grido di allarme sia
accolto e si traduca in progetti che garantiscano la fruibilità di luoghi
importanti anche in questa provincia.